Stampanti 3D: come funzionano e a cosa servono?

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16/12/2015 Maria Antonia Frassetti 2648

Molti sono stati i campi di applicazione di questa avveniristica tecnologia di stampa da quando ha fatto la sua comparsa alla fine degli anni Ottanta. Sono state raggiunte frontiere inizialmente inimmaginabili, alcune positive, altre discutibili. E per il futuro ci si aspetta nuovi sviluppi, soprattutto nel campo medico.

Nonostante si senta parlare ormai comunemente di stampanti 3D, sono molti a ignorare ancora il funzionamento di questa metodologia di stampa e, soprattutto, a conoscere i suoi campi di utilizzo, reali e potenziali. Come si fa a stampare in 3D? E, soprattutto, a cosa potranno mai servire degli oggetti tridimensionali, anziché stampati su carta?

Il funzionamento è semplice, quanto sorprendente: partendo da un disegno tridimensionale e da un PC che usa uno speciale software di modellazione 3D, la stampante è in grado di realizzare oggetti attraverso un processo di sovrapposizione di strati orizzontali di materiale plastico, allo stato solido oppure liquido. Quindi, strato su strato, come per magia, ecco che da un oggetto virtuale si ottiene un oggetto reale!

Origini della stampa 3D
La stampa 3D nasce essenzialmente, per soddisfare un bisogno della grande industria: stampare oggetti 3D permette di realizzare a basso costo e in tempi rapidi dei prototipi, da studiare e testare, prima di avviare il processo produttivo vero e proprio su larga scala. Con gli anni le cose sono cambiate: grazie ad una considerevole riduzione dei costi, le stampanti 3D hanno raggiunto anche le piccole e medie imprese (per esempio, il settore della gioielleria, calzoleria, architettura, edilizia e moda) e l’ambito domestico. Molti appassionati di tecnologia, mossi dall’esaltazione derivata dal potere di creazione, si sono cimentati a realizzare in casa propria modellini, giochi, elementi di arredo, addirittura action figure di se stessi.

Il futuro preannuncia nuovi scenari, alcuni già in fase di sviluppo, come sta avvenendo nel settore sanitario. La stampa 3D è già sfruttata in campo medico per costruire protesi da impiantare nei pazienti e modelli anatomici che i medici possono analizzare prima di operare. Ma c’è molto di più: il futuro della stampa 3D in medicina si chiama bioprinting, ovvero la possibilità di bio-stampare organi, nervi, ossa e tessuti attraverso l’uso di cellule staminali - anziché materiale plastico. Questa avanzata tecnica di stampa permetterebbe, dunque, di far fronte ad una grave carenza in ambito sanitario, quella di organi per i trapianti.

A leggere fin qui, sembrerebbe che l’unica limitazione alla stampa 3D sia la creatività, come se il confine tra fantasia e realtà fosse sempre più labile. Si continuano a studiare nuove applicazioni e nuovi materiali di stampa. Non si può ovviamente dire fino a dove la tecnologia permetterà di arrivare, quello che è certo è che a un certo punto si porranno dei problemi etici e morali. Forse sarà necessaria una regolamentazione a livello nazionale e/o internazionale. Basti pensare al bioprinting, oppure alla possibilità di riprodurre armi o beni contraffatti, solo per fare qualche esempio. Nel frattempo, si guarda a questa tecnologia e alle sue incredibili potenzialità con entusiasmo e positività, tanto da parlare di una nuova forma di rivoluzione industriale.