
Nomofobia è il nome attribuito da recenti studi alla paura di non essere connessi alla rete, termine che deriva dall’anglosassone no-mobile phone. Ci sono diversi gradi di dipendenza che passano dal semplice continuare a giocare scambiando il proprio telefono con una console, all’esibizionismo dell’acquisto dell’ultimo modello di smartphone super ultra iper tecnologico e alla moda.
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Ma le dipendenze più frequenti sono quelle da sms e da social network, infatti le app come Whatsapp e Facebook sono quelle più pericolose. È stato notato che un callo al pollice e il “collo smartphone”, ovvero una deformazione delle vertebre cervicali, sono fra i più comuni effetti della dipendenza da smartphone: il continuo scrivere messaggi e l’avere costantemente la testa inclinata possono seriamente nuocere alla salute.
Un senso di malessere e ansia può subentrare anche quando il telefono si scarica e insorge l’impossibilità di comunicare con il resto del mondo. Da qui nasce il bisogno di avere sempre con sé una seconda batteria o un caricatore portatile, una power bank.
La dipendenza nasce proprio perché portiamo lo smartphone sempre con noi, lo usiamo ovunque, abbiamo la possibilità di essere sempre raggiungibili. Quest’uso smoderato tuttavia può portare a un isolamento dal resto del mondo, a sbalzi d’umore, disturbi del sonno, perdita d’interessi.

Ma come per ogni dipendenza, si può guarire anche da questa con piccoli passi, cominciando dall’attivare il codice di sicurezza per sbloccare lo schermo al disattivare le notifiche. Per frenare la crisi è utile poi dimenticare volutamente il proprio smartphone per ore, ad esempio consultando la posta e leggendo i messaggi solo in pausa pranzo, evitando di controllare la propria pagina social appena svegli, durante la colazione e lasciare il check mattutino solo una volta usciti di casa e magari in metropolitana. Ma soprattutto evitare il telefono a tavola perchè un po’ di bon ton non ha mai fatto male a nessuno.