
Forse questo è uno degli articoli più complicati che abbia scritto qui sinora. Un conto è parlare del numero di core del processore di uno smartphone, male che mi può andare faccio un errore tecnico. Scrivere, invece, di come noi donne subiamo porno ricatti online e di come Facebook sia diventato una delle principali valvole di sfogo del revenge porn con la pubblicazione di foto hard in bacheca al solo fine di umiliare una persona è delicato e anche piuttosto frustrante. Diverse donne, infatti, sono arrivate a suicidarsi in seguito a questi eventi, quindi non è uno scherzo. Se mai lo è stato. Ma chi sono io per dire cosa fare per evitare di cascare nella trappola del revenge porn? Nessuno, ma conosco la tecnologia, il web e, a modo mio, posso provare a darvi qualche dritta – anche high tech.
Cos'è il revenge porn

E a poco serve provare a cancellare la foto hard dalla bacheca di Facebook, o di eliminare il link online. Perché tanto sarà rimbalzato migliaia di volte online, è pressoché impossibile scovare tutti i meandri del web dove è andato a finire. Senza parlare del fatto che un utente potrebbe averlo tranquillamente anche salvato sul proprio smartphone o computer. Quello che viene pubblicato online, resterà per sempre online.
Le conseguenze del revenge porn
Qual è il potere di un click? Mai sottovalutarlo, infatti secondo uno studio dell'US Victims of Non-Consensual Intimate Images, il 93% delle persone che hanno subito il revenge porn riporta pesanti ripercussioni emotive e per l'82% è stata compromessa anche la sfera sociale, occupazionale o di altre importanti aree della loro vita.
Non è per niente difficile immaginarlo. Erano i primi anni Duemila quando il primo caso italiano è balzato alle cronache: Chiara, poco più di una ragazzina, si lascia più o meno consensualmente riprendere dal fidanzato durante un rapporto. Non era ancora l'epoca dei social e di YouTube come li intendiamo ora, quindi quando è stato lasciato, il ragazzo l'ha condiviso sui programmi peer-to-peer. Quelli come Emule, per intenderci. E "Forza Chiara da Perugia" è diventato un triste caso mediatico.

Il caso più recente è Tiziana Cantone, una 31enne di Napoli. Anche lei si era fidata del suo fidanzato che poi, però, ha pubblicato il video online. Inizialmente Tiziana si è battuta per difendere la propria dignità, ottenendo anche che venissero rimosse le foto porno da Facebook, i link, i commenti ingiuriosi e diffamatori. Altri siti, invece, sono stati assolti dal Tribunale e, anzi, a Tiziana era stato chiesto un risarcimento nei loro confronti. Probabilmente questa dev'essere stata la mazzata finale che l'ha portata a togliersi la vita nel settembre 2016. Resta, comunque, ancora dopo mesi una delle vicende più discusse, il suo video uno dei più cercati e cliccati in rete. E, credetemi, quando ho fatto qualche ricerca prima di apprestarmi a scrivere questo articolo è stato davvero sconfortante constatare che il fenomeno del revenge porn sia pesantemente legato a lei, tanto che le stringhe con i maggiori volumi di ricerca sono ancora "Tiziana Cantone porno" o "video porno Tiziana Cantone".
Senza dimenticare lo stalking e il fenomeno del sextortion. Nel primo caso, le vittime di revenge porn vengono contattate da persone che vedono i loro video o foto online e, proprio perché quell'infame del fidanzato ha anche pubblicato i dati personali di lei o il link al profilo Facebook, le contattano in maniera molesta. Fino a diventare dei veri e propri stalker.
Oppure, ad alcune ragazze è stato chiesto un compenso in denaro per evitare di pubblicare il materiale hard. Un vero e proprio porno ricatto a tutti gli effetti, un'estorsione. In quanto tale, si configura come reato così come previsto dall'articolo 629 del Codice Penale, punibile con la reclusione da 5 a 25 anni.
Come difendersi dal revenge porn?
Innanzitutto: ci si può difendere dal revenge porn? La verità è che non c'è una vera e propria panacea e, soprattutto, è difficile intervenire ex post quando ormai è stato dato il via all'effetto catena in tutta la sua paurosa forza. Tuttavia, ci sono dei consigli, così come alcuni strumenti per evitare la diffusione non consensuale di immagini e video privati.

Inoltre, se siete vittime di revenge porn, denunciate. La porno vendetta si basa proprio sulla vergogna, sulla convinzione che tanto lei non vorrà dare ulteriore seguito alla cosa perché si esporrebbe ancora di più e quindi, in genere, il mascalzone in questione non viene denunciato. E invece no, il revenge porn è un reato. Permettetemi di essere pedante e ripeterlo: è reato. Si configurano gli illeciti di diffamazione e violazione della privacy che possono essere puniti con la reclusione fino a 3 anni. Per non parlare dell'estorsione e dello stalking già menzionati prima. Inoltre, il Parlamento sta lavorando per adottare punizioni più severe.
Uno dei segnali che personalmente trovo più positivi e confortanti è l'adozione di alcuni strumenti tecnologici per la risoluzione di questo tema. Infatti, laddove la giustizia ha i suoi elefantiaci tempi per la definizione di nuovi reati, la tecnologia corre veloce come sempre e cerca di trovare una soluzione. È bello perché sembra quasi che il web abbia identificato il marcio che porta in seno e provi ad autocurarsi. Perché la tecnologia di per sé non è mai malvagia, solo l'utilizzo che ne fa l'uomo.
Ecco, quindi, che ad esempio Facebook ha lanciato uno strumento per la segnalazione delle immagini e video condivisi senza consenso delle persone coinvolte. Per farlo, è sufficiente usare il link "Segnala" che appare premendo sulla freccia verso il basso di un post o i puntini "..." presenti vicino al post stesso. A quel punto, il team di Community Operations di Facebook valuterà la segnalazione e, se necessario, rimuoverà il materiale in questione e disattiverà il profilo della persona che l'ha pubblicato. Inoltre, Facebook utilizza un sistema foto-matching per evitare che le fotografie possano essere condivise su Facebook, Messenger e Instagram. Infatti, se qualcuno proverà a condividere l'immagine dopo che è stata segnalata e rimossa, verrà avvisato da Facebook che sta per violare le regole della piattaforma. In questo modo, verrà bloccata la condivisione.
Infine, vi segnalo un altro strumento. E' un'app e si chiama Rumuki. Quest'applicazione accoppia gli smartphone di lui e di lei prima che venga registrato un video. Dopo di che, il video viene protetto da due chiavi di sicurezza – una per ogni telefono. Il video a questo punto viene criptato, ma non salvato sui server dell'app. Per rivederlo sono necessarie entrambe le chiavi. Se uno dei due non fornisce la sua perché non d'accordo, il gioco è finito. Il video non si può più vedere. Non solo, se uno dei due butta via la propria chiave, il video verrà cancellato per sempre e non ve ne sarà più traccia.
